Marpessa era il nome di una ninfa, rapita da un guerriero di nome Idas. Anche il dio Apollo si era invaghito di lei e se la contese con Idas. Questa “bagarre” costrinse Zeus ad intervenire e a chiedere a Marpessa di scegliere fra i due. Marpessa, temendo l’incostanza del bel dio Apollo, optò per Idas. Il suo nome è tratto dal verbo greco “marpto” – rapire e dunque significa proprio “la rapita”
Successivamente il Boiardo trasse ispirazione per il nome di “marfisa”, una guerriera pagana che compare ne “L’orlando Innamorato” e ne “l’Orlando Furioso”
E della ninfa, Marpessa Hennik, la modella olandese resa immortale dalle primissime campagne di Dolce&Gabbana negli scatti di Ferdinando Scianna, ha probabilmente la stessa affascinante, irresistibile bellezza, e fu così che la moda la rapì.
Donna dal fisico sottile come un giunco, dal seno perfetto e dal volto di un’atipica bellezza poco associabile ad un clichè, dalla pelle ambrata e gli occhi del colore del deserto e da un’aria vagamente intellettuale, ha rappresentato sia la donna androgina, quando indossava gilet, pantalone e coppola, e sia la donna del sud, la donna sicula, così misteriosa e sensuale, magrissima negli abiti neri castigati o voluttuosamente trasparenti, sempre con quel suo volto magnetico, quasi “zingaresco”.
Marpessa ha attraversato il periodo più fulgido della moda, quello delle top models, quello della grande moda italiana degli anni ’90 e dei grandi stilisti. Quello che ancora oggi crea tanta nostalgia in chi lo ha vissuto. Oggi Marpy, come la chiamano gli amici, vive tra Amsterdam e Ibiza (luogo che adora), con la sua bambina, si occupa ancora di moda e ha mantenuto ancora molte amicizie in questo ambiente.
L’ho conosciuta tempo fa tramite il fotografo Mario Gomez, un carissimo amico comune. Marpessa oltre ad aver mantenuto una bellezza naturale ed un fascino inalterato, è una persona di una semplicità e sincerità atipiche, uniche direi.
Ho un ricordo di qualche anno fa che vorrei condividere con voi. Sarà stato il 2006 ed ero nella mia città, a Milano durante la settimana della moda. Ero seduta mentre aspettavo che iniziasse la sfilata di Francesco Scognamiglio. La gente si stava finendo di accomodare e c’era un bel fermento, quando nella sala è entrata Marpessa per sedersi, i fotografi che si occupano di scattare e riprendere tutte le uscite della sfilata hanno cominciato a urlare e ululare invitando “La Marpessa” a farsi fotografare. Per cinque minuti mi è sembrato di essere ad un concerto rock. E lei con la sua solita attitudine umile e un po’ timida ha sorriso, si è concessa un po’ ai suoi “fans” e poi si è accomodata per godersi la sfilata. Questa scena mi è rimasta impressa fino ad oggi e per un momento ho “vissuto” un piccolo frammento di quello che devono essere state le sfilate di quegli anni. Dell’entusiasmo, della sincerità, dell’amore, della devozione e della capacità creativa che ancora non troppo stritolata dal business e dalla velocità morbosa e nevrotica di oggi, permetteva ad artisti, designers, modelle e fotografi di emergere nel modo più prorompente possibile, creando così icone immortali e immagini incorruttibili dal tempo.
Marpessa, che ho rincontrato recentemente ad una sfilata, mentre era inviata per una sua rubrica di moda per la rivista “Amica”, si è concessa ad un’intervista per il mio blog e io sono ben felice di condividere questa bellissima “chiacchierata” con tutti voi.
Marpessa ed io
Ciao Marpessa, parlaci del tuo nome. E davvero molto bello e singolare?
I miei mi hanno chiamato Marpessa in onore all’attrice Marpessa Dawn che fu la protagonista del film “Orfeo Negro” di Marcel Camus, un capolavoro premiato con l’Oscar nel ’59, e che racconta il classico di Orfeo e Euridice messo in scena durante il carnevale a Rio de Janeiro. Per anni pensammo che fosse un nome brasiliano ma poi ho scoperta che Marpessa era una figura della mitologia Greca, come hai scritto nella tua introduzione. Non era un nome facile da portare quando era piccola ma penso che mi abbia dato carattere e grinta…. Poi in Italia viene a volte scambiato per Malpensa!
Raccontaci di te. Da dove vieni? I tuoi genitori? E come hai decido di intraprendere la carriera di modella. Come è andata?
Sono nata ad Amsterdam da una mamma Olandese e un padre bi-razziale, avendo una madre Olandese e un padre del Suriname, all’epoca colonia Olandese e paese che in Italia è soprattutto conosciuto per essere la patria di calciatori come Clarence Seedorf, Kluivert e Gullit. La mamma era una casalinga molto creativa in cucina mescolando sapori esotici con quelli più basici olandesi e nel modo di vestirmi con cose “vintage” dei mercatini e abiti fatti da lei, insegnando a anche a me a cucire. Mio padre invece era fashion designer, DJ, visual designer e adesso scrittore. Quindi vivevo in un ambiente creativo e sin da piccola avevo una grande interesse per la moda, il design, la cucina e la musica. Le riviste di moda straniere che erano sparse per casa quando ero piccola sicuramente hanno contribuito a svegliare in me il desiderio di diventare modella, vedendo le foto di Pat Cleveland e Janice Dickinson avevo un riferimento che in Olanda non era molto comune all’epoca!
A 16 anni una scout mi suggerì di andare in un’agenzia e cominciai a lavorare quasi subito lasciando il liceo dove ero distratta e fannullona. Dopo sei mesi veniva la Papessa degli agenti Eileen Ford ad Amsterdam per trovare nuovi volti ma quando mi vide mi consigliò di fare un intervento per le occhiaie, per i denti e per le orecchie a sventola. Offesissima e già un pò prepotente, questo verdetto mi ha spinta a dimostrarle che sarei riuscita ad avere una carriera nonostante questi difetti e visto che non consideravo molto il livello della moda (all’epoca) ad Amsterdam sono andata a Milano accompagnata dal mio papà, che avendo vissuto in Italia voleva assicurarsi che non fossi preda di qualche trappola play-boy da strapazzo. Arrivati al primo appuntamento dall’agenzia Beatrice volevo già scappare, la stanza dove aspettammo era tappezzata di copertine con Jerry Hall, Janice Dickinson etc. e io pensavo di non essere all’altezza: per fortuna una booker ha preso il mio book prima che potessi andarmene via e la signora Beatrice in persona e venuta subito a dirmi che sarebbe stata felice di rappresentarmi. Ero così felice e sollevata che non sono neanche andata in altre agenzie.
Marpessa in un'illustrazione dell'artista Ivo Bisignano per il magazine "Amica"
Come modella sei nata ed esplosa nel periodo forse più fulgido in assoluto della moda. In quel mitico periodo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, nel quale sono nate le TOP, icone della mode, della bellezza e di un certo grado di perfezione considerata quasi assoluta. Dee dell’olimpo. Ci racconti un po’ quel periodo? Com’erano i set, com’erano le sfilate…? E gli stilisti?
Mah, io credo di aver avuto la fortuna di essere stata al posto giusto nel momento giusto. E credo che il mio “successo” era proprio dovuta al fatto di non possedere una bellezza perfetta, ma piuttosto un look un pò indefinibile, esotico, spavaldo… Comunque era un sogno diventato realtà, lavorare con i miei miti come Versace, Alaïa, Lagerfeld, Gian Paolo Barbieri, Helmut Newton etc.; accanto ai miei idoli Pat, Janice, Dalma! E fare parte del processo creativo, sia per foto che per sfilate, viaggiare, incontrare tante persone straordinari, per me equivale ad una laurea all’università! Un privilegio unico! Ma ho fatto tanta gavetta prima di “arrivare all’Olimpo”!
Le immagini di Scianna che ti immortalano giovanissima nella tua straordinaria bellezza, nelle primissime campagne di Dolce&Gabbana sono indimenticabili. Cosa provavi in quel momento? Ti rendevi conto che stavi contribuendo a scrivere una parte importante della storia della moda e del costume, oppure vivevi con leggerezza giorno per giorno godendo di ciò che ti stava capitando?
Ma per niente! I ragazzi all’epoca avevano un budget piccolissimo, eravamo solo loro, il fotografo Ferdinando Scianna, che era un fotoreporter dell’agenzia Magnum che non aveva mai fatto foto di moda prima e manco aveva un assistente e la stylist che mi aiutava pure con i capelli. Mi truccai da sola e girammo la Sicilia nella macchina prestataci dal fratello di Domenico e Scianna mi lanciò nelle situazioni più surreali nella sua Sicilia che io non conoscevo…. Quando ho visto il primo catalogo rimasianche un po’ male perché avevo le occhiaie in tutte le foto e io volevo essere perfetta! Ma alla fine quelle immagini sono state fondamentali ad accettare i miei “difetti” e a proporre un altro tipo di bellezza.
Qual è esattamente a tua idea di bellezza e quella di felicità?
L’armonia dei difetti e sentirsi realizzati rimanendo curiosi.
Qual è il paese o la città che ami di più?
Il Bel Paese e Parigi
Hai mai pensato di diventare anche imprenditrice, o stilista o fotografa, come hanno fatto o tentato di fare alcune tue colleghe celebri?
Ma lo sono…. a modo mio. Quando smisi di fare la modella avevo bisogno di prendere un po’ le distanze dalla moda, i riflettori, fare un il punto della situazione sulla mia vita e volevo “mettere su famiglia”. Cosa che è poi avvenuta solo quando ormai avevo 40 anni, nel frattempo ho fatto studi di restaurazione, mi sono dedicata alla mia passione per l’arredamento, la fotografia… e ho ancora un sacco di idee da realizzare!
Qual è la figura di maggior riferimento per e su un set fotografico. Quella con la quale dialoghi meglio e che ti ispira di più?
Ovviamente con il fotografo e lo stylist anche se ai miei tempi tutta la troupe era indispensabile per conseguire un buon risultato. Credo che oggi con la fotografia digitale sia più difficile creare una certa atmosfera e mantenere la concentrazione visto che ogni tre scatti tutti guardano lo schermo del computer per verificare luce, posa, trucco, capelli…
Oggi com’è la tua vita? So che hai una figlia bellissima che ami molto e che vivete un po’ in Olanda e un po’ a Ibiza, vero?
Viviamo a Ibiza e da quanto la bimba è entrata alla scuola primaria. Ibiza è un posto fantastico per far crescere i bimbi, per la libertà, la tolleranza, la natura e crescono imparando un minimo di tre lingue.
L’anno scorso ho trasformato la mia casa in uno showroom d’arredamento, dove invito i clienti ad ispirarsi. Affitto questo posto anche per produzioni di moda e pubblicità visto che c’è anche un loft che si utilizza come studio fotografico e a volte anche per workshop di yoga quando il tempo non è bellissimo.
Tu, che oggi sei un’icona immortale, cosa pensavi ieri e cosa oggi del mestiere di modella?
Mah, sicuramente lo intendi come complimento e ti ringrazio Paola ma non credo di essere un’icona immortale! Penso che la grande differenza tra ieri e oggi è che ieri prima di diventare “Top” lavoravi parecchi anni, acquisendo esperienza e imparando ad usare il tuo corpo, il viso, a muoverti e a saper “prendere la luce”. E una carriera poteva durare anche 15 anni o di più ma ci voleva molta disciplina, disponibilità, resistenza, energia, saper vivere in solitudine e capacità di incassare rifiuti e fare sacrifici. Oggi è più difficile perché ormai tantissime ragazzine vogliono diventare subito Top-model, penso anche dovuta ai tanti reality in TV mostrano una realtà da fiction! E succede che una sconosciuta dopo due stagioni è “Top” ma dopo pochi anni possa venir messa da parte… Sono poche quelle che si distinguono e durano nel tempo…
Ci sono sempre molte polemiche che accompagnano il mondo della moda e che riguardano l’anoressia. Ultimamente Vogue Italia ha proposto un fantastico numero dedicato alle modelle “curvy”. Cosa pensi, tu che tutt’oggi sei magrissima e in forma, della magrezza spettrale che viene spesso proposta in passerella?
L’anoressia nervosa e la bulimia sono malattie psichiche che portano a gravi disturbi del comportamento alimentare e purtroppo vengono confusa spesso con una magrezza naturale. Io ho lottato contro la mia magrezza sin dall’età di 12 anni, cercando di ingrassare, mangiando come un camionista, ma ho avevo e ho tutt’ora un metabolismo molto accelerato; è genetica!. Ma avendo praticato molto sport nell’infanzia e l’adolescenza avevo comunque un corpo tonico e il seno mi si è sviluppato un pò quando iniziato a prendere la pillola e quindi, pur vestendo una 38/40 avevo delle mini-curve. Difatti mia mamma sosteneva che non ero magra, ma sottile! Ovviamente mi è servito molto quando sono diventata modella, soprattutto perché la fotografia tende a “dare qualche chilo in più” motivo per cui è necessario portare una 40. Ora è vero che per anni abbiamo visto delle ragazze magrissime che a me non sono mai piaciute, ma soprattutto perché non sembravano sane, non avevano un filo di muscolo, sembrava che non fossero mai salite su una bici o dei pattini! E non va dimenticato che, durante la stagione delle fashion week, tra New York, Londra, Milano e Parigi, le top fanno anche 50 sfilate, più fitting, più prove e non sempre si riesce a mangiare bene. In più si dorme pochissimo! Ricetta perfetta per farti perdere quei due chili che, nel mio caso, sono quelli sufficienti per farmi sembrare anoressica!Quindi non è sempre facile distinguere la magrezza naturale e un po’ di stress momentaneo, dovuto al tipo di vita che si conduce, da una patologia vera e propria che va individuata e curata in apposite strutture mediche.
Che consiglio ti sentiresti di dare alle giovani ragazze che vorrebbero intraprendere la carriera di modella e che aspirano a diventare come te un giorno?
Prima di tutto, non farsi ingannare da “agenzie” e “scout” che ti promettono una carriera da modella se ti iscrivi a qualche corso per indossatrice e/o che chiedono (a volte tanti) soldi per fare delle foto per il portfolio. Tutte le agenzie rinomate e serie, di solito non hanno bisogno più che di qualche foto in prima piano naturale, di qualche scatto intero in costume tipo le foto che si fanno in vacanza… La verità poi è che spesso le ragazze che sono diventate top, sono state “trovate” magari fuori da scuola, o per strada mentre facevano shopping o in giro con le amiche. Se poi l’agenzia per cui lavora lo scout vede una possibilità lavorativa per la ragazza, è l’agenzia stessa ad organizzare degli shooting fotografici anticipando le spese, che poi vengano addebitate alla modella una volta che poi la ragazza comincia a lavorare.
Poi come dicevo già prima, ci vuole molto disciplina, ambizione, disponibilità, energia, capacità di fare sacrifici e saper vivere in solitudine. Purtroppo ci sono poche ragazze italiane che hanno fatto una carriera al top come Maria Carla Boscono, Bianca Balti o Monica Bellucci, perché troppo spesso non riescono a stare lontane dalla famiglia o dal fidanzato troppo geloso!
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